Nov
05
2014

Il cuore pulsante del Bosconero

Di ritorno dalla forcella del Matt, ancora teso per la complicata discesa sulle ghiaie compatte, butto l’occhio a sinistra, verso la Toanella, e lo scorgo.

Si vede anche dallo stradone, sotto Forno, quando si scende a valle seguendo il Maè. Non si nasconde, ma fiero e impettito domina la valle da quasi mille anni, se le stime non mentono.

Lares Bosconero 1

Lascio il sentiero, mi addentro tra i mughi, incespico, mi appendo, salto, scivolo, mi riprendo, e così lo raggiungo. Non sembra così vecchio da vicino, e subito mi vergogno del pensiero, come se mi trovassi di fronte ad un uomo. Di certo, è elegante, a suo modo imponente, una meraviglia della natura.

Protetto alle spalle dai seicento metri di dolomia verticale del Sasso, al fianco destro dalle guglie frastagliate degli Sfornioi, a mancina dall’aristocratico spigolo della Rocchetta, semplicemente sta, e di nulla si cura.

Levo lo zaino, quasi con rispetto, un po’ con soggezione, mi siedo sull’erba, e rimango così, lo sguardo sulla Civetta, accanto all’essere vivente forse più vecchio di tutte le Dolomiti bellunesi, il Lares del Bèlo.

Lares Bosconero 2

E’ così che il tempo scompare, ai piedi del cuore pulsante del Bosconero. Osservo la corteccia bruno-rossastra, rocciosa, spessa e profondamente solcata, i grossi rami alla base, piegati a gomito, la punta slanciata e sottile carica degli aghi soffici e dorati di ottobre.

Lares Bosconero 3

E come lui, per qualche minuto, mentre il sole colora di fuoco le pareti e l’aria si fa densa e fresca, di niente più mi curo.

“Ma i larici che personalmente ammiro e fors’anche venero, sono quelli che nascono e vivono sulle scaffe delle rocce che portano il tempo: sono lì nei secoli a sfidare i fulmini e le bufere, sono contorti e con profonde cicatrici prodotte dalla caduta delle pietre, i rami spezzati, ma sempre, a ogni primavera quando il merlo dal collare ritorna a nidificare tra i  mughi, si rivestono di luce verde e i loro fiori risvegliano gli amori degli urogalli. E all’autunno, quando la montagna ritorna silenziosa, illuminano d’oro le pareti” (Mario Rigoni Stern, Arboreto salvatico, 1991, Einaudi)

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5 commenti

E di quanto è forte, di come si sa reinventare e difendere anche dal passare del tempo… Grazie Gabriele per il tuo commento!

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