Mag
13
2016

Del tarassaco non si butta via niente

E’ tempo di tarassaco, un fiore che fa arrabbiare le bambine – se lo cogli sfiorisce presto e non rimane bello nel vaso – ma tanto amato dai bambini, per il suo gambo speciale che se usato a mo’ di trombetta suona. E quando diventa soffione piace e… finalmente mette tutti d’accordo!

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In Val di Zoldo lo chiamiamo fior del radìcio, dimostrazione di come siano le foglie la parte più interessante per i nostri conterranei: fresche, appena spuntate e in insalata sembra siano una prelibatezza. Sono i famosi radìci de prà!

Oltre a essere una ghiottoneria, il tarassaco è una pianta medicinale, e lo è per intero, ciò vuol dire che del tarassaco non si butta via niente. Un po’ la stessa cosa che si dice per il maiale.

Lo stelo fresco sembra possa avere poteri depurativi e disintossicanti. Vale così anche per le radici, assunte crude (per i più coraggiosi) o attraverso una tisana dopo l’essicazione. Aiutano la digestione e purificano. Addirittura una volta foglie e radici venivano utilizzate per la detersione di occhi e viso.

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“Dala sera, da magnà… solche radìci, de prà!” cantavano i Ki Ke Sona…

Infine il fiore, buono per preparare un ottimo sciroppo che assomiglia molto al miele. Secondo una ricetta popolare si può ricavare portando a bollire un litro d’acqua per quattro manciate di fiori di tarassaco. Dopo aver lasciato a riposo per una notte, il decotto viene filtrato e si aggiungono un chilo di zucchero e metà limone. In seguito, si rimette il preparato sul fuoco a fiamma bassa finché il liquido non diventa denso.

Insomma adesso che abbiamo messo insieme le idee… bisognerà provare! Se volete emulare, raccoglietene con parsimonia e nelle aree non protette.

[Ricetta dello sciroppo tratta da “La salute dalla farmacia del Signore”, Maria Treben, 2003]

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