Lug
01
2015

La traversata della Civetta

Non vedo l’ora di raggiungere la forcella di Col Negro, anche se so già cosa mi aspetta.

Di qui sono passato diverse volte, ogni volta nella stessa direzione, ogni volta col timore che l’abitudine finisse con l’annacquare la sorpresa.

Quando termina la salita invece, come ogni volta, rimango sbalordito.

Non servono numeri, metri, chilometri, sequenze di nomi di torri e cime, per descrivere lo spettacolo.

Non servono gradi, lettere, cifre, aneddoti, cronologie di imprese, pantheon di alpinisti che contro queste rocce hanno misurato la propria immortalità.

Non serve.

Basta ammirarla, la parete nord-ovest della Civetta, e sperare ogni volta di cogliere un segno, il luccichio che rivela l’ingresso al regno dell’Aurona, la chiave del mistero.

Traversata Civetta 2

Proseguo la traversata della Civetta, scendo velocemente la diagonale che taglia gli imponenti ghiaioni ancora chiazzati di neve.

Mi affanno in una giungla di enormi massi, quindi salgo deciso il sentiero che sale verso Col Rean.

Raggiungo la terrazza del rifugio Tissi, arroccato lassù, in alto, di fronte alla parete, e solo ora mi rendo conto di aver percorso il tratto dal lago del Coldai fin qui sospeso, in uno stato di inquietudine.

Nella calma del pomeriggio, quando il sole piega verso occidente ed inizia ad incendiare la dolomia, ecco che solo ora il mistero viene in parte svelato.

Traversata Civetta 3

Quando lo scrittore Dino Buzzati, nel 1971, si interrogava sugli eccezionali attributi che distinguono la montagna dagli altri spettacoli della ntaura, individuava nella ripidezza e nell’immobilità le ragioni del potente e singolare richiamo.

“Sì, l’uomo tende inconsciamente a conquistare la quiete. E proprio perciò la vista della montagna modello perfetto dello stato a cui tende, procura un senso di appagamento.”*

Traversata Civetta 4

Prima di scendere giù, giù nel budello della Val Corpassa, giù di nuovo verso il fondovalle, giù in basso nella melassa della quotidianità, giù lontano dall’aria leggera, rimango ancora, per qualche minuto, in ammirazione del massimo simbolo della suprema quiete.

* Camanni E., a cura di, 1989, Dino Buzzati. Le montagne di vetro, Vivalda editori

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