Ago
02
2015

Fuoco

Cenere, fuoco, ferro. Una volta in Val di Zoldo il paesaggio doveva essere indubbiamente diverso. Al centro della scena, probabilmente troneggiavano i segni dell’attività principale, quella dei fabbri ferrai, dei forgnàcoi e dei ciodaròt. Figure isolate dal resto della popolazione perché considerate miscredenti, violente e rozze:

i forgnàcoi, il popolo dell’abisso: gli uomini dalla pelle così bianca che se non fossero stati sempre neri di fuliggine sarebbero sembrati anime di defunti (…) che per strada camminavano dondolandosi sulle ginocchia e avevano braccia sproporzionate, troppo lunghe rispetto al resto del corpo… (S. Vassalli “Marco e Mattio”).

Le fucine in piena attività, potevano presentarsi come un mondo incandescente di frastuoni, fumi, odore di carbone bruciato, lapilli bollenti, materia che prendeva forma. Chiodi, armi, ferri da gondola, modellati a colpi di martello sulle incudini.

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Foto di Ezio Cordella – museo etnografico di Goima

Il regno di Efesto, divinità del fuoco per i Greci, dove altrettante creature simili al dio, deformi e dalla forza sovrumana lavoravano senza sosta nel buio e nel fuoco, rimarcando più volte la fama della Val di Zoldo: Fusine, Forno, Fornesighe… Una terra di fiamme e braci che secondo Vassalli doveva assomigliare a un antro infernale:

Erano luoghi di tenebra perpetua in cui s’accendevano luci improvvise, così intense che l’occhio non poteva sostenerne la vista, e di rumori assordanti, così cadenzati e continui da alterare l’udito e la ragione dei disgraziati che dovevano lavorarci per moltissime ore al giorno (S. Vassalli “Marco e Mattio”).

Un mondo a parte, dove i due elementi opposti, acqua e fuoco, si confondevano e intrecciavano nelle esistenze umane. L’acqua per alimentare il fuoco, per muovere i mantici e i magli delle fusine, correnti inarrestabili e ricche, libere da centraline e bacini artificiali. Due forze naturali impetuose, domate dalla mano degli antichi zoldani.

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Le Caudiere

Nella storia della Val di Zoldo il fuoco si è manifestato più e più volte, nei pojàt e nella pazienza di chi li custodiva, nell’afa soffocante delle fucine, negli animi infiammati di chi combatteva la fame battendo il ferro.

Ti consigliamo una visita alla fusinela di Pralongo e al museo del Ferro e del chiodo di Forno, ma prima, se fai a tempo, leggiti “Marco e Mattio”, avrà tutto un diverso sapore.

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